Bashir, Pechino chiede la sospensione dell'arresto

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  1. .:'Tha_RuL@nD':.
     
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    Il governo cinese: «Rammarico e preoccupazione»
    Il capo sudanese: Usa e Ue criminali, complotto sionista

    Omar Hassan al-Bashir in piazza
    a Khartoum (Ap)
    PECHINO - La Cina in campo a sostegno di Bashir. Il governo di Pechino «si augura» che il Consiglio di Sicurezza dell'Onu chieda alla Corte internazionale di «sospendere il processo» contro il presidente sudanese Omar al-Bashir, esortando l'Aja a bloccare il mandato di arresto per il presidente sudanese per crimini di guerra e contro l’umanità in Darfur, esprimendo, attraverso il portavoce del ministero degli Esteri Qin Gang, «rammarico e preoccupazione che possa peggiorare la situazione in Darfur». Qin Gang rileva tra l'altro che «la Cina si oppone a qualsiasi azione che possa vanificare gli sforzi per la pace in Darfur e in Sudan». «Auspichiamo che il Consiglio di sicurezza dell'Onu rispetti e ascolti l'Unione Africana, la Lega Araba e il Movimento dei paesi non Allineati - continua Qin Gang sul sito web del ministero - e chieda alla Corte penale internazionale di sospendere le udienze di questo caso».

    LE NAZIONI UNITE - Da parte delle Nazioni Unite arriva la critica del presidente dell'Assemblea generale delle Nazioni Unite, Miguel d'Escoto Brockmann (Nicaragua) che definisce il mandato d'arresto emesso dall'Aja «una decisione che considero motivata più da considerazioni politiche che per la causa della giustizia».


    BASHIR IN PIAZZA CON I SUOI SOSTENITORI - Migliaia di persone nel frattempo sono scese anche oggi in piazza a Khartoum per manifestare il loro sostegno a Bashir. E lo stesso presidente si è unito ai manifestanti, mischiandosi alla folla e urlando «i veri criminali sono i leader di Stati Uniti e dei Paesi europei». Al centro delle accuse di Bashir Usa, Regno Unito, gli «ebrei» e il procuratore della Cpi, Luis Moreno-Ocampo. Negli ultimi mesi, il presidente sudanese ha più volte sostenuto che la Corte penale internazionale è frutto di «un complotto al 100% sionista» volto a destabilizzare il Sudan.

    ACCUSE A ISRAELE E ALL'OCCIDENTE - «Il Sudan rappresenta oggi la voce più forte nel mondo che rifiuta il dominio del colonialismo» ha detto il presidente sudanese di fronte alle migliaia di suoi connazionali radunati a Khartoum. La manifestazione, trasmessa in diretta dalla tv di stato, ha mostrato un Bashir deciso a dire «no, no, e ancora a no» al mandato di arresto spiccato dall'Aja. Il discorso del presidente è stato incentrato sulla storia del Paese, con il presidente che ha ripercorso le tappe della lotta del suo popolo contro al dominazione inglese. Per al-Bashir, interrotto spesso dalla folla al grido «non ci inginocchieremo che ad Allah», «i crimini di guerra e di sterminio della popolazione li hanno fatti loro (gli occidentali) in Vietnam, in Iraq e in Palestina». Ed è proprio l’ultima offensiva israeliana sulla Striscia di Gaza il cavallo di battaglia di al-Bashir: «Il crimine a Gaza - ha detto - è stato consumato davanti agli occhi di tutto il mondo... Lì sì che sono stati compiuti degli autentici crimini. In Iraq, invece - ha proseguito - hanno ucciso 2 milioni di persone e ne hanno fatti sfollare altri sette», e «poi vengono a dire a noi che compiamo crimini e genocidi». L’accusa del presidente all’Occidente è questa: «Contro di noi parlano di difesa dei diritti, mentre in realtà sono proprio loro a violare per primi questi diritti».

    L'UNIONE AFRICANA - E pure l'Unione Africana ha fatto sapere che premerà sull'Onu perché l'arresto di al-Bashir venga ritardato di almeno un anno per dare una chance al processo di pace in Darfur.

    SIRIA, HEZBOLLAH E IRAN - Anche la Siria, l’Iran e l’Hezbollah libanese, loro alleato, hanno condannato il mandato d’arresto contro al-Bashir. «La Siria è molto preoccupata e contrariata - ha detto il ministero degli Esteri siriano in una nota -. E’ un pericoloso precedente, che può avere conseguenze negative sulla stabilità del Sudan e sul processo politico nel Darfur; è un comportamento irresponsabile che costituisce una flagrante violazione della sovranità del Sudan e una ingerenza nei suoi affari». La Siria chiede quindi al Consiglio di sicurezza di «sospendere le misure prese dal Cpi».
    A Teheran, il portavoce del ministero degli Esteri, Hassan Ghashghavi ha definito «ingiusto» il mandato d’arresto del Cpi. Mentre a Beirut, l’Hezbollah ha detto che il mandato d’arresto. «è la prova dell’ipocrisia e della parzialità della comunità internazionale e potrebbe rendere la situazione nel Darfur ancora più esplosiva e incoraggiare la secessione della regione».


    fonte:corriere della sera
     
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